Un tema sicuramente molto caldo in queste ultime settimane, dopo il servizio irriverente di Striscia La Notizia, che ha inutilemente deriso Giovanna Botteri per il suo look, è il Body Shaming. Ho deciso di aggiungere anche il mio pensiero, in questo polverone, principalmente per due motivi: sono stata vittima e sono stata carnefice di body shaming.

Purtroppo si, la PCOS mi ha sempre portata a subire importanti effetti yo-yo con la bilancia (come ora, che sono con quei bei 5 chiletti di più rispetto a un peso forma) e avere una pelle del viso sempre ingestibile. Questo è stato, soprattutto nell’adolescenza un grande problema, perché c’è sempre stato qualcuno che i miei difetti aveva voglia di sottolinearli, marcatamente, come se io non avessi già la lente di ingrandimento ogni volta che incontro uno specchio.

Di tante, ne ricordo una, che mi ha veramente ferita, quando mi è stato detto, da una persona che ritenevo amica “ma si, Olli, tanto tu sei magra dentro“. Un modo per dirmi che in pratica sono un cassonetto dell’immondizia, ma simpatico.

Ripensando a questo, al male che ho provato tutte le volte che qualcuno mi ha sminuita per qualcosa di fisico, su cui onestamente non avevo (e non ho) il minimo controllo, mi sento in colpa, va detto, per tutte le volte che sono stata io dall’altra parte.

Ci ho pensato e ripensato, e ovviamente mi sono venuti alla mente tanti scherzi, battute e sorrisi complici che ci sono stati nella mia vita, circa quella più bassa, che ovviamente chiamamo “nana”, alla grassona, la culona, quella sciatta e così via.

Siamo noi, che nel nostro quotidiano ci dimentichiamo, sempre troppo spesso, che non dovremmo fare agli altri quello che non vorremmo ricevere noi, e su questo il cristianesimo ci era arrivato più di 2000 anni fa. Perché la battuta perpetrata senza cattiveria, può innescare un meccanismo di svalutazione della persona e incidere nella qualità di vita di qualcuno.


Ne parleremo ancora, di come l’autostima vada costruita passo passo, e di come bisogna imparare a fregarsene di quello che gli altri ci dicono, perché, non solo gli altri non sanno quale sia il nostro percorso di vita e non possono quindi capire l’impatto di determinate parole, ma soprattutto perché di persone cattive e invidiose il mondo è pieno, e per sopravvivere, senza leccarsi le ferite in continuazione, bisogna imparare a stare quel mezzo gradino più in su e fregarsene.

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