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Domandare è lecito, rispondere…

Molte volte nell’era moderna si sente dire che non sappiamo più comunicare, anche se gli strumenti per la comunicazione sono infiniti.
Lo avete sentito dire anche voi? Ci avete riflettuto o vi è sembrata una cretinata?

Io ci ho riflettuto molto, soprattutto sul tema del rispondere. Il detto dice “Domandare è lecito e rispondere è cortesia”, grande verità, ma se analizziamo i rapporti di oggi, ormai non si risponde più, o perlomeno, non si risponde alla domanda che è stata fatta.

La ricerca di una risposta

La cortesia del rispondere è racchiusa nel non lasciare la persona che fa la domanda come se fosse appesa, in attesa di dissipare un dubbio, o privarla dell’opportunità di organizzarsi.

Andiamo a vedere quali sono i casi di mancata risposta.

1 – La non risposta

Il primo caso (e anche il più comune) è la totale non risposta, soprattutto nel mondo del lavoro. I casi sono tanti: curricula inviati a cui non vi è alcun seguito, mail di kick-off di un progetto a cui nessuno risponde, conferma dello svolgimento di un task a cui nessuno dice grazie, e così via. Io di mestiere faccio il project manager, e posso assicurarvi che circa il 70% del mio tempo è dedicato al chiedere un feedback alle persone, a sollecitare, a ricordare che “chi tace acconsente” non funziona per via iscritta. Nella mia esperienza, però, questa è una pratica diffusa soprattutto in Italia, infatti il problema con colleghi di altri paesi non mi si è quasi mai presentato (ovviamente ci sono i noanswer ovunque, ma la concentrazione è decisamente ridotta). Se in questo momento vi state rendendo conto che anche voi non rispondete, vi chiedo di pensare a come può una persona sapere che avete svolto un’attività o che approvate un’idea se non glielo dite? Nemmeno Mago Merlino, credo, avrebbe questa capacità.

2- La risposta parziale

Passiamo al secondo caso, anche questo tristemente noto, ovvero chi risponde parzialmente o in modo nebuloso. Anche qui i casi sono molti, dal mondo del lavoro, alla vita personale. Il classico caso è quando si invita fuori un amico/a e questo inizia con risposte vaghe, che non fanno intendere se ha voglia o meno di vederti. Anche in questo caso, il consiglio è di dire la verità, nel limite dell’educazione, e se no usare un metodo diplomatico per declinare l’invito. Nulla di peggio che lasciare la persona nel dubbio fino all’ultimo per poi inventarci il famoso mal di testa dell’ultimo minuto. In questa categoria c’è anche la situazione in cui poste 3 domande a una persona, questa ti risponde a mezza, e chiude la conversazione. Certo, ci sono domande che sono personali, magari non vanno fatte, ma quando questa situazione di presenta nel mondo del lavoro, il non rispondere è sintomo di poca collaborazione.

3- La risposta a caso

Infine il caso della risposta a caso. Questa è la più frequente nel mondo del lavoro, dove sono tutti tuttologi ma non delle loro mansioni, e si lanciano in analisi (spesso congetture) di aree di non loro competenza, creando una confusione incredibile. Rispondere:”Non lo so” non è un reato, e non è nemmeno un esame universitario, per cui è concesso non sapere. Questa tipologia è però la più deleteria nella sfera privata, dove risposte a casaccio possono creare dispiacere, ansia o dubbi. Se un amico vi chiede di andarlo a trovare e voi iniziate con la storia di quanto siete impegnati e di come forse fra un mese vi libererete, magari l’invito non verrà rinnovato, e la persona si sentirà evitata. Basterebbe dire che si è impegnati, si, ma proporre una data più in avanti, e fissarla. Questo dovrebbe avvenire anche sul lavoro, posticipare a “più avanti” non serve a nulla, il problema tornerà, per cui se oggi non avete tempo, cercate il primo momento disponibile della vostra agenda e proponetelo voi, rispondete alla domanda che vi è stata fatta.

E adesso?

Certo, a volte le domande infastidiscono, soprattutto quando ripetitive, inaspettate o personali, ma non rispondere o restare evasivi non serve a nulla, se non a creare uno spazio di incertezza tra le due persone, che poi nel tempo può logorare il rapporto.

Lo studio psicologico

Uno studio americano riassunto nell’articolo “How It Became Normal to Ignore Texts and Emails” pubblicato su The Atlantic, ci spiega cosa si nasconde dietro a questo atteggiamento, infatti, nell’era della comunicazione istantanea e della pressione sociale che genera ansia, troviamo un certo senso di controllo nel non sentirci obbligati a rispondere immediatamente: “La novità dell’era della comunicazione istantanea è che ci consente di gestire le conversazioni come vogliamo”.  Questo però porta a un mondo in cui non abbiamo obblighi nei confronti di nessuno, e pertanto è anche un mondo in cui nessuno ha obblighi nei nostri confronti.


Allora, invece che imporre questo “finto” controllo sulle pressioni sociali, ricordiamoci che rispondere è cortesia, quindi meglio essere cortesi dicendo “non sono fatti tuoi”, che non dire nulla.

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