La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS, Poly-Cystic Ovary Syndrome) è un disturbo delle donne in età riproduttiva, che colpisce statisticamente circa il 10% della popolazione femminile. Alcuni studi sostengono che le donne colpite siano quasi il 20%, ma a causa di una mancata diagnosi, queste non vengano individuate.
La PCOS si manifesta con alterazioni mestruali e segni di iperandroginismo, tra cui principalmente l’irsutismo, e la caratteristica morfologia ovarica modificata (a causa della presenza di cisti). Altri principali manifestazioni della sindrome sono: il sovrappeso, le alterazioni metaboliche ed evidenti segni estetici, tra cui principalmente l’acne.
Ad oggi la PCOS è di forte interesse medico, in quanto, oltre ai principali sintomi, sopra indicati, la stessa risulta avere molteplici implicazioni sulla salute delle donne, sia dal punto di vista endocrino, sia cardiovascolare, e infine sulla capacità riproduttiva.
Cenni storici

La sindrome dell’ovaio policistico è stata descritta per la prima volta nel 1935, da Irving Stein e Michael Leventhal, che condussero uno studio associando l’amenorrea (assenza della mestruazione) con obesità e morfologia delle ovaie con cisti. Già da questi primi studi è emerso come il problema fosse eterogeneo, ovvero che non vi siano dei sintomi certi sempre riconducibili alla sindrome, ed è questo il motivo per cui, ancora oggi, non sia sempre facilmente identificabile la sindrome e ancor meno curabile.
Va però detto che già Ippocrate, padre della medicina, nel 400 a.C. aveva individuato come, le donne con mestruazioni scarse, fossero con una struttura fisica più robusta e maschile (iperandrogenia). Tale studio era nato dall’analisi di una popolazione femminile di combattenti, le “Amazzoni” (dal greco antico α- μαστος = senza seno), conosciute nei tempi antichi come un gruppo di guerriere, con importanti connotati maschili.
Si può quindi assumere che il problema della sindrome dell’ovaio policistico non sia un problema odierno, ma sia un’alterazione endocrina che colpisce il sesso femminile, fin da tempi antichi.
Ai nostri tempi
Ad oggi, come accennato, gli studi su tale sindrome si sono moltiplicati, sia per il crescere dell’incidenza della sindrome, sia per la conoscenza delle implicazioni derivanti dalla PCOS, che devono essere prevenute, per quanto possibile.
Le donne che soffrono di PCOS presentano uno o più dei seguenti sintomi:
- Amenorrea (assenza del ciclo mestruale) e/o ciclo alterato;
- Dismenorrea (ciclo mestruale molto doloroso);
- Anovulazione (ciclo mestruale in assenza di ovulazione);
- Dolore pelvico;
- Irsutismo (presenza di peli in zone tipicamente maschili, quali mento, addome, seno, schiena);
- Acne e/o pelle impura (tendenza acneica, seborroica, anche dopo l’età adolescenziale);
- Morfologia ovarica modificata (ovaie con cisti che possono raggiungere dimensioni anche doppie rispetto a un ovaio normale);
- Iperandrogenismo (identificabile con tratti tipicamente maschili e tendenzialmente alopecia androgina);
- Sovrappeso e obesità (molto spesso ascrivibili ad alterazioni metaboliche);
- Insulino-resistenza.

È evidente come, la presenza di uno o più sintomi, abbia un impatto sulla qualità della vita importante, andando a modificare la percezione della donna stessa, soprattutto in età giovanile. E data la difficoltà, soprattutto in età adolescenziale, di parlare di tali problematiche, spesso si ritarda la diagnosi della sindrome, portando nel tempo un insieme di implicazioni, tra cui, uno fra tutti, una possibile infertilità, che renderebbe quindi difficile il concepimento.
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I Fenotipi, nuova chiave di lettura
Una delle caratteristiche emerse negli ultimi anni di ricerca, che rende difatti difficile la diagnosi di questa sindrome, è la presenza di più fenotipi, i quali non sono identificabili con gli stessi strumenti diagnostici e di conseguenza curabili con le stesse terapie. Di seguito i fenotipi identificati ad oggi:
- FENOTIPO “A”: donne che presentano iperandrogenismo, oligo-anovulazione e ovaie policistiche all’ecografia;
- FENOTIPO “B”: donne che presentano iperandrogenismo e oligo-anovulazione;
- FENOTIPO “C”: donne che presentano oligo-anovulazione e ovaie policistiche all’ecografia;
- FENOTIPO “D”: donne che presentano iperandrogenismo e ovaie policistiche all’ecografia.
Non è quindi detto che le donne le cui ovaie non presentano cisti, non soffrano di PCOS. Diventa così evidente, che non esiste una cura “generica” per attenuare i sintomi della sindrome, ma è necessario effettuare degli esami precisi per identificare in primo luogo il fenotipo.
Diagnosi
La diagnosi, che deve essere effettuata da un medico competente, prevede le seguenti fasi:
- Ecografia ovarica: permette l’individuazione della alterata morfologia (presenza di cisti nelle ovaie), nel caso in cui sia presente;
- Curva glicemica e insulinemica: permette di identificare l’eventuale presenza di insulino-resistenza (ne parleremo in altri articoli);
- Analisi del sangue al terzo giorno del ciclo: per individuare i livelli di LH (ormone luteinizzante) e FSH (ormone stimolatore del follicolo). Un rapporto tra questi due ormoni, superiore al 2.5, permette di individuare una situazione endocrina alterata;
- Analisi del sangue: per identificare i livelli di androgeni (ormoni sessuali maschili), e i livelli di SHBG (Sex hormone binding protein);
- Visita medica visiva: permette di valutare i casi di irsutismo, androgenia, acne, pelle impura, sovrappeso, ecc.
Effettuati tutti gli esami sopra indicati, sarà quindi possibile individuare se si è in presenza di PCOS e in tal caso a quale fenotipo ricondurre la sintomatologia. Solo in questo momento la cura potrà essere prescritta e avere senso. Negli altri casi, invece, ovvero quando tali esami non vengono svolti, viene prescritta la cura “più utilizzata” al momento, e come potete immaginare, in alcuni casi funzionerà e in altri no.
D’altronde, anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno
Hermann Hesse