Ebbene si, se siete entrati invogliati dal titolo, diciamolo subito: una volta mi sono ritrovata la macchina imbrattata con un ben poco piacevole messaggio.
Avevo appena finito una banalissima giornata di lavoro, era un venerdì, fine dicembre, l’aria gelida e la macchina ghiacciata. Come sempre, salgo in macchina diretta a casa, accendo il motore e aspettando che la macchina si scaldi un po’, mi metto a guardare il telefono, scegliendo la musica per il rientro. In quel momento, la mia vista periferica si accorge di qualcosa sul finestrino. I pensieri in ordine sono stati: “Pennarello? Mi hanno messo una multa? No, aspetta, ma cosa c’è scritto?”. Allontano la testa dal finestrino, per avere una visuale migliore, e mi rendo conto che qualcuno si è sentito in diritto di venirmi a dare della troia, per la lunghezza della mia gonna.

La sensazione iniziale è stata talmente sgradevole che ancora me la ricordo. Mi sono sentita violata, e come non bastasse, ho iniziato a guardare ovunque nel parcheggio, per vedere se ci fosse qualcuno, lì, a vedere il risultato del suo atto. Ero spaventata, molto, perché pensavo che chi potesse fare una cosa del genere, avrebbe cercato di sfogare la propria rabbia anche in altro modo.
Fortunatamente non c’era nessuno ad aspettarmi, e così me ne sono tornata a casa, agitata, ferita ma salva. Quella sera mi sono confrontata con i miei più cari amici e la mia famiglia, per un consiglio (in realtà cercavo conforto). Il suggerimento di tutti è stato: “Vai a denunciare il fatto, e informa la tua azienda di quanto accaduto”.
Così ho fatto, recandomi prima dalle forze dell’ordine e poi contattando il mio datore di lavoro. Risultato? Non è stata intrapresa nessuna azione di verifica, e mi sono sentita pure sentita dire: “Sarà stata una bravata! Ci passi sopra!“. Si, con la macchina ci passo sopra.
Ammetto, che per diversi mesi, ogni volta che andavo alla macchina, finito il lavoro, ero terrorizzata all’idea di trovare scritto altro o peggio, di conoscere il colui/colei che l’aveva scritta.
Ho ripensato centinaia di volte a questo accaduto, a come sia passato inosservato, a come, in alcuni casi, c’è stata la fatidica frase “beh, ma è vero che metti le gonne corte“. “Certo che metto le gonne corte!” e le metto tuttora, e continuerò a metterle, ma questo non dà il diritto a nessuno di giudicarmi, né tantomeno di venire a scriverlo con il pennarello indelebile sul finestrino della mia macchina.
Poi, il tempo, curativo come sempre, mi ha dato la consapevolezza per riflettere sul povero/a deficiente, che a -5 gradi, va in giro a scrivere insulti sulle macchine. Questa persona, poverissima deficiente, che chissà quale oscuro motivo aveva per fare una cosa così bassa. Le ipotesi che ho vagliato sono state molte, e onestamente, a tempo di distanza, penso che non importi, resta una persona per cui provo infinita pena.
Il mio monito va invece a tutte le persone che quando l’hanno saputo hanno fatto finta di nulla, non si sono indignate, forse hanno pensato “ben le sta, con le gonne che mette”, perché probabilmente è più facile girarsi dall’altra parte, che prendere parte alla battaglia.
A me è andata bene, non è successo nulla di grave, non mi è stato fatto del male, però, lo dico per tutti quelli che non se ne sono curati: è proprio girandosi dall’altra parte che lasciamo che le cose succedano, che siamo i primi perpetuatori di violenze.
NO ALLA VIOLENZA, sulle donne, o sui bambini, o su chiunque. La violenza fa schifo a prescindere da quale sia la vittima che la subisce.
Smettiamola di essere violenti e lividi di rabbia, ignoranti e cattivi. E soprattutto, smettiamola di giustificare comportamenti violenti, aggressivi, e inadeguati, sminuendoli.
La capacità di migliorare il mondo in cui viviamo non è in mano degli altri, ma in mano nostra, ogni volta che decidiamo consapevolmente di non girarci, di non aiutare, di non difendere un’idea, o di non combattere una battaglia, siamo di fatto i veri carnefici.